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L’inclusione lavorativa di persone con disagio psichico grazie alle opportunità dello smart working

L’inserimento lavorativo di persone con storie di disagio psichico è un problema vasto e complesso da poco normato in Italia. JOB Stations è una delle prime realtà che se ne occupa: progetto nato dalla collaborazione tra Fondazione Italiana Accenture e Progetto Itaca Milano propone un modello consolidato che sfrutta le possibilità dello smart working per arrivare al reinserimento sociale e professionale di persone con storie di disagio psichico.

La disabilità mentale

I disagio mentale è un grave problema globale, non solo sanitario ma anche sociale: sono circa 450 milioni le persone che ne soffrono in tutto il mondo [dati dell’OMS, indagine del 2001] e godono di un supporto molto inferiore rispetto a chi ha una disabilità fisica.  
La difficoltà maggiore è reintegrarsi all’interno della società, soprattutto dal momento che solo una piccola percentuale di loro riesce ad entrare nei luoghi di lavoro.

Il modello americano Fountain House / Clubhouse International

La potenza del lavoro come strumento di reinserimento sociale e professionale è stata compresa presto negli Stati Uniti, ed esattamente su questo principio nacque il progetto Fountain House a partire dagli anni ‘50 a New York.

Questo modello è fondato sulla convinzione che le persone con malattie mentali possano essere partecipanti attivi del loro recupero e non solo destinatari passivi di un trattamento, e che questo possa avvenire tramite l’impegno in un lavoro e insieme ad una comunità che li aiuti ad integrarsi nuovamente nella società. La sua organizzazione è basata sui Clubhouse e sul concetto della “giornata ordinata dal lavoro”: le strutture non sono sanitarie ma gestite secondo la formula del club e dunque i partecipanti non sono pazienti ma soci, che vengono coinvolti in ritmi di lavoro e di vita sani e in attività volte al proprio percorso di recupero. L’efficacia di Fountain House è confermata non solo dai più di 1400 posti di lavoro ottenuti dai membri partecipanti nei soli Stati Uniti, ma anche da numerosi studi e dalle centinaia di progetti nati ispirandosi a loro.

In Italia: la legge 68/99

In Italia l’occupazione delle categorie protette è una tematica che ha acquistato rilevanza solo nell’ultimo ventennio, quanto nel 12 marzo 1999 è stata normata con la Legge n. 68 “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”; all’interno di queste categorie sono presenti anche i soggetti che soffrono di disabilità mentali.        
La Norma coinvolge tutte le aziende a partire dai 15 dipendenti e impone ai datori obblighi stringenti riguardo il collocamento mirato, ovvero riguardo l’inserimento nel mercato del lavoro di soggetti con disabilità in posizioni lavorative appropriate alle loro capacità nonché conformi alle loro esigenze.   
Ma sono numerose anche le agevolazioni per chi assume lavoratori delle categorie protette, e molti possono essere i vantaggi: da una parte aiuta chi è già dipendente ad essere più aperto ed inclusivo, migliorando così le performance di innovazione e competitività dell’azienda, dall’altra il dipendente stesso assunto con il collocamento mirato può portare all’azienda un potenziale interessante.
Eppure l’obbligo di legge, le agevolazioni, i possibili vantaggi e le sanzioni non sono sempre sufficienti a garantire l’inserimento lavorativo di persone con disabilità.            
Per dare dei dati, in Italia le persone con disabilità occupate sono meno del 20%; quelle con disabilità psichiche e invalidità civile, secondo stime attendibili, mediamente non raggiungono il 10%. In questo modo il potenziale di moltissime persone rimane non sfruttato e non riconosciuto, e si lascia la maggior parte di loro a vivere nella dipendenza e nell’esclusione sociale.

In Italia: Fondazione Italiana Accenture

Se vogliamo prestare più attenzione a questa problematica è necessaria in Italia una svolta culturale aziendale e un processo di inclusione strutturato.

Per affrontare in particolare il problema della disoccupazione delle persone con disabilità mentale Fondazione Italiana Accenture ha avviato una Call for Ideas in collaborazione con Progetto Itaca Milano, chiamato “Give mind a Chance!”. JOB Stations è il progetto sviluppato a partire dall’idea vincitrice ed è una delle realtà italiane più innovative in questo campo: l’obiettivo è trasformare la disabilità in abilità offrendo un’opportunità professionale concreta e il giusto supporto nel reinserimento lavorativo, partendo dal principio che tutti abbiamo un potenziale da far emergere.    

Intervista a Francesco Baglioni direttore di Progetto Itaca

Abbiamo intervistato Francesco Baglioni, il Direttore di Progetto Itaca, che da anni si occupa di questa problematica.

Direttore, come nasce JOB Stations e di cosa si occupa nello specifico?

JOB Stations si propone alle aziende come soluzione innovativa e sostenibile per la gestione del collocamento mirato. Ad oggi esistono cinque centri in tutta Italia, il primo di questi attivato nel 2012 presso la sede di Club Itaca a Milano, entro per l’autonomia socio lavorativa del disagio psichico. L’inclusione lavorativa di persone con disabilità psichica è un formidabile strumento di ri-abilitazione, capace di restituire fiducia, dignità e autostima, ma è anche un processo articolato e complesso, che va gestito con la giusta attenzione per i diversi aspetti problematici della questione.

Le persone con storie di disagio psichico lavorano all’interno delle JOB Stations, che sono centri di smart working: qui sono seguite e supportate da tutor esperti nella mediazione lavorativa e nell’espressione del potenziale lavorativo, che garantiscono all’azienda la qualità del lavoro svolto grazie alla loro attività di supervisione e support. Le sedi sono pensate per offrire delle condizioni di lavoro ottimali, nella consapevolezza che un ambiente accogliente ed inclusivo permette alle persone di esprimere meglio il proprio talento e le proprie competenze. Sono quindi eliminati tutti gli elementi che potrebbero creare pressione psicologica e confusione e vengono creati invece degli spazi che ospitino momenti di formazione, di confronto, di riposo e di socializzazione. Le JOB Stations sono poi organizzate secondo un insieme di regole comportamentali che incoraggiano l’autocontrollo e il rispetto reciproco e rendono l’ambiente di lavoro il più possibile sicuro e organizzato.

Per quanto riguarda le aziende, queste assumono direttamente i lavoratori, inizialmente in tirocinio, quindi con contratti di lavoro subordinati a termine e impiegati in modalità di lavoro a distanza, ma puntando ad una transizione finale all’interno dell’azienda nel medio e lungo termine.

In azienda, la persona che collabora con le JOB Stations è il supervisor: è lui che si occupa insieme al tutor della JOB Station di ritagliare un ruolo per il candidato JOB Stationer, ed è lui a coordinare il lavoratore nell’operatività giorno per giorno.

Dottor Baglioni, si tratta di un’opportunità fantastica per i lavoratori disabili e per le aziende, mi racconta di un caso di successo di reinserimento aziendale?

Una delle storie più belle e di successo che posso raccontare per dimostrare l’efficacia e la bontà dell’attività svolta da JOB Stations è quella di Cristiano, 45 anni, che da diverso tempo lavora come JOB Stationer. Cristiano aveva svolto in passato diverse esperienze lavorative nei campi più disparati; poi, a seguito di gravi problemi familiari, era caduto in un profondo stato di depressione, peggiorato dalla mancanza di un lavoro. Tramite la sua psichiatra, riuscì a seguire un corso Excel presso la Fondazione Bertini, i cui formatori erano dipendenti Accenture, e riuscì in quell’occasione a far notare le capacità acquisite nei suoi anni di lavoro. Venne così contattato per un colloquio, e attualmente si occupa di collaborare con un team Accenture. La sua testimonianza è estremamente importante e stimolante per JOB Stations: abbiamo aiutato una persona in difficoltà a sentirsi più utile e produttiva, parte di un team e di uno scopo.

Conclusione

JOB Stations è un modello efficace e consolidato per la complessa sfida dell’inclusione lavorativa di persone con disagio psichico, che sa rispondere sia ai bisogni delle persone con storie di disagio psichico, sia a quelli delle aziende che vogliono trasformare la disabilità in abilità.
È proprio questo che va davvero sottolineato nella soluzione offerta da JOB Stations: il vantaggio che può portare ad entrambe le parti in causa. Da un lato aiuta il reinserimento lavorativo di persone con disabilità psichica garantendo loro il giusto supporto, grazie ai tutor e grazie ad un ambiente sicuro per chi è in difficoltà, privo delle tensioni tipiche di un ufficio. Dall’altro, lato grazie al lavoro in remoto, l’azienda può adempiere all’obbligo della Legge 68/99, e soprattutto può avvantaggiarsi del potenziale di una persona che, giunta ad un buon punto della sua recovery, è fortemente motivata e decisa ad impegnarsi per sfruttare al meglio l’opportunità offertale.           
Lo snodo centrale della combinazione, ciò che la rende possibile ed efficace è lo smart working; proprio durante l’esperienza della pandemia è divenuto chiaro a tutti il potenziale di questa modalità di lavoro, che non diminuisce affatto l’efficienza di un’azienda. Questo può farci riflettere su quanto ogni azienda possa contribuire realmente a combattere lo stigma e l’esclusione sociale delle persone con disabilità psichica traendone a sua volta valore.

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